| il sedicifebbraioduemilaonove salii sulla collina di Ciano a guardare l'orizzonte per considerare un momento la situazione.
Non è che mi si schiarì di molto la mente, eh?
Resti del passato, alla rinfusa di trascinavano qua e là- In fondo, vicino a valle, spiaggiato ancora qualche saraceno, poco distanti qualche romano sull'Aurelia, vagava stupito senza sapere dove andare.
Si disegnava all'orizzonte resti del Granducato, bolle papali, riassetti territoriali, paludi.
i genovesi stavano al largo. Sospirai, pur rimirando quei fenomeni attentamente. I romani disegnavano greche, i genovesi spandevano soldi, i saracineschi chiudevano persiane, i granduchi si rincorrevano in granducolandia.
Avevo voglia di parole e discesi la collina taccolando con le taccole parole parlate pianificate, per questo scesi in pianura. La collina era troppo sporgente.
Pianificavo, facevo piani, a piedi, sulle scale, in ascensore. Piani di legno, di fòrmica,di cera incerata. Piani e sotterfugi per sfuggire all'impasto che avevo visto di lontano. Ma agli impasti non si fugge, piuttosto si rifugge o ci si incaglia. Ben presto così io fui, incagliata. Dissecata rimelmata stralunata.
Una Liza sospirata
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