Ripresa

Ingarbugliamenti cronici

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LizaPop
view post Posted on 29/11/2009, 17:33




Di Filippo Facci

I due moraleggiatori di Annozero, Antonio Ingroia e Marco Travaglio, ci imbastirebbero istruttorie e libri da tregenda. Di recente è stato Travaglio a scrivere la prefazione del volume di Ingroia «C’era una volta l’intercettazione», Stampa Alternativa 2009: che è un titolo invero beffardo, vista la storia che andiamo a raccontare.

Eccola.

Nei primi anni Duemila il pm Ingroia e il maresciallo Giuseppe Ciuro sono due amiconi, nessun dubbio su questo. I due dividono la stanza dell’ufficio al secondo piano del palazzo di giustizia palermitano e d’estate affittano due villette al mare l’una affianco all’altra. Il maresciallo Ciuro gode di fiducia sconfinata: è l’uomo che indaga su Marcello Dell’Utri e sui finanziamenti Fininvest, è colui che il 26 novembre del 2002 compartecipa con Ingroia all’interrogatorio di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi dopo aver vergato personalmente un’informativa su di lui, ha pure deposto al processo Dell’Utri per ben sei udienze sostenendo che un nipote di Tommaso Buscetta fosse stato socio di Fininvest.

Altro buon amico è quel Marco Travaglio, un bravo ragazzo torinese che nel marzo 2001 aveva combinato un pasticcio alla trasmissione «Satyricon» di Daniele Luttazzi: l’allora misconosciuto giornalista aveva rispolverato le accuse rivolte a Berlusconi e Dell’Utri quali «mandanti esterni» della strage di Capaci (anche se la Procura di Caltanissetta aveva fatto richiesta d’archiviazione un mese prima della trasmissione) e poi aveva enfatizzato alcuni documenti redatti dall’ispettore della Banca d’Italia Francesco Giuffrida circa l’origine dei capitali Fininvest (anche se il medesimo smentirà i suoi stessi documenti in sede giudiziaria).
Ingroia e Ciuro e Travaglio, nell’agosto 2003, sono sufficientemente legati tra loro da passare le vacanze insieme nel residence Golden Hill di Altavilla Milicia, in provincia di Palermo. Già l’estate precedente il maresciallo Ciuro, detto Pippo, aveva spedito l’amico Marco all’hotel Torre Artale di Trabia: così anche quell’anno, ad Altavilla, le rispettive famiglie si ritrovano a sguazzare a bordo piscina e a giocare a tennis e a scambiarsi piccoli favori; quando Travaglio aveva raggiunto il villino, per dire, lo aveva trovato disadorno e ne aveva subito informato l’amico maresciallo: ci aveva pensato la signora Ciuro a prestare ai Travaglio cuscini, stoviglie, pentole e una caffettiera.

Pippo Ciuro è proprio un amico. All’amico magistrato, che al telefono chiama «il Professore» o «il dottore», ha procurato anche l’impresa che sta ristrutturando un vecchio casolare che il padre di Ingroia possiede a Calatafimi e per il quale ha ricevuto un finanziamento in virtù della legge per il terremoto del Belice: che risale al 1968, ma in Sicilia va così. Ingroia ne parlerà al telefono anche col proprietario dell’impresa, certo Michele Aiello: e quel giorno chiede a che punto sono i lavori, parlano di mattonelle e di tramezzi, muri, di colori, di tempi. L’ingegner Aiello è rassicurante.

Sembra una storia come un’altra: e però già allora, e da prima di allora, il maresciallo Giuseppe Pippo Ciuro è una spia della mafia; il pm Antonio Ingroia, cioè, aveva condotto intere istruttorie per mafia affidando le indagini a un maresciallo che passava informazioni a un prestanome di Bernardo Provenzano, Michele Aiello; e anche durante quella vacanza ad Altavilla, con Travaglio e Ingroia, il maresciallo Ciuro stava commettendo il reato di favoreggiamento a vantaggio di Michele Aiello, mafioso, uomo chiave dell’indagine sui rimborsi d’oro alle cliniche nonché braccio destro, come detto, del boss Provenzano: trattasi di «Fatti commessi in Palermo ed altrove fino al mese di ottobre 2003». E chi era, come visto, questo Michele Aiello? E’ l’uomo che stava ristrutturando il casolare di Ingroia e con cui il magistrato s’intrattenne pure al telefono: precisamente il 28 febbraio 2003, ore 9.36. «C’era una volta l’intercettazione», ha titolato Ingroia il proprio libro. E c’è ancora, l’intercettazione. E non solo quella: Ingroia col mafioso Michele Aiello ci ha pure cenato, l’ha ammesso lui.

Ciuro è stato arrestato per con corso in associazione mafiosa il 5 novembre 2003, circa due mesi dopo la vacanza cogli amici Travaglio e Ingroia: sarà definito «figura estremamente compromessa col sistema criminale» prima di essere condannato dalla corte d’Appello a 4 anni e 8 mesi per favoreggiamento e violazione di segreti informatici. L’indagine era stata condotta dai pm Giuseppe Pignatone, Maurizio De Lucia, Michele Prestipino e Nino Di Matteo, non propriamente amici di Ingroia nel complicato giro giudiziario palermitano. E’ la stessa indagine per cui sarà condannato Totò Cuffaro e che tirerà in ballo vari altri politici della Regione, compresi l’ex presidente Giuseppe Lumia e altri deputati come Domenico Giannopolo dei Ds e Andrea Zangara della Margherita. Per Ingroia fu uno smacco sconcertante: avvertito solo da un certo punto in poi, aveva ritenuto di dover proseguire ad avvalersi dei servigi di Michele Aiello ufficialmente per non insospettirlo. In pratica il mafioso Aiello gli ha ristrutturato casa, da quanto inteso: ma per fini istruttori. Ingroia avrà modo di parlare di Ciuro il 17 maggio del 2004, durante il processo Dell’Utri: dirà che le sue indagini erano state comunque «ben fatte, dando un valido apporto».
Altri faranno a gara per spiegare che Pippo Ciuro non contava niente. Il pm Antonio Gozzo, sodale di Ingroia, a processo lo definirà «’n'aranci ‘i terra», un’arancia caduta dall’albero e da raccogliere coi piedi. Eppure era il maresciallo più amato dall’antimafia: tanto che il senatore diessino Massimo Brutti, consigliato proprio da Ingroia e da Gian Carlo Caselli, aveva raccomandato Ciuro affinché entrasse nel Sismi. Lo stesso Brutti ha ammesso la circostanza, sostenendo che il maresciallo gli era stato presentato da magistrati integerrimi.
E Travaglio? Data la sua funzione ventriloqua, leggere i suoi libri equivale a conoscere il pensiero di Ingroia, in questo caso. Nel libro di Marco Travaglio e Saverio Lodato «Intoccabili» (Bur Rizzoli 2005) il curriculum di Ciuro è condensato in due righe: fu «in servizio con Falcone» e lavorò «con il Pm Ingroia che l’ha impiegato nell’ultima fase delle indagini su Dell’Utri e sui finanziamenti Fininvest». Nello stesso libro, Travaglio si spinge poi a dire che «I due marescialli (Ciuro e Giorgio Riolo, altra talpa, ndr) sono talpine. Manca la talpona». Come sempre. Nel libro ci sono anche feroci critiche a Piero Grasso, il procuratore che ha sostituito Giancarlo Caselli a Palermo: «Assodato il ruolo di talpe di Ciuro e Riolo, perché gli inquirenti li hanno lasciati circolare indisturbati per mesi negli uffici della Procura?». E poi: «Perché non si sono informati subito i pm più vicini a Ciuro per limitare i danni che le sue soffiate potevano arrecare alle loro indagini?». Il pm più vicino a Ciuro era Ingroia, e i quesiti parrebbero quasi posti da lui. Invece sono posti da Travaglio, legatissimo a Ingroia. Dulcis in fundo: il procuratore Pietro Grasso scriverà al Corriere della Sera accusando Travaglio e Lodato di fare «disinformazione scientificamente organizzata». E’ tutto nero su bianco. Nello stesso libro, Travaglio parla di Totò Cuffaro e scrive che «Il governatore conosceva Ciuro»: anche se forse non ci andava in vacanza ad Altavilla. Infine, nel volume, mai così soft, si precisa che «Ciuro si limitò a qualche intrusione nel computer della Procura e a qualche millanteria per farsi bello con il ricco imprenditore. Il grosso lo fece Totò». Lo dice Travaglio.

Il quale Travaglio, come in parte è noto, non ne è uscito benissimo: ma principalmente per colpa sua. All’inizio dell’estate 2008, infatti, si ritrovò vittima dei suoi stessi metodi: dopo aver accusato Renato Schifani d’aver frequentato delle persone poi inquisite per mafia 18 anni dopo (circostanza nota e chiarita da tempo, ma rilanciata come una primizia che gli altri giornalisti corrotti non raccontavano) Travaglio improvvisamente diventava ufficialmente il frequentatore di una persona che, pochi mesi dopo quella vacanza e non 18 anni dopo, era stata arrestata per favoreggiamento.

E qui, forse, c’era da riflettere su un certo modo di fare informazione e di come troppo facilmente ti si possa ritorcere contro. Invece, a complicare tutto, è piovuta un’accusa improbabile rilanciata da Giuseppe D’Avanzo di Repubblica: che l’intera vacanza di Travaglio fosse stata pagata dal succitato mafioso Michele Aiello. L’avvocato di quest’ultimo, Sergio Monaco, oltretutto confermò l’accusa al Corriere della Sera: «Posso solo dire che l’ingegner Aiello conferma che a suo tempo fece la cortesia a Ciuro di pagare un soggiorno per un giornalista in un albergo di Altavilla Milicia. In un secondo momento, l’ingegnere ha poi saputo che si trattava di Travaglio». Non risulta che Travaglio abbia querelato, ma fa niente. Io sinceramente penso che D’Avanzo abbia rilanciato un’immensa cazzata: Travaglio secondo me non sospettava minimamente che Pippo Ciuro fosse una talpa, se non una talpa a disppsizione di giornalisti tipo lui. Ho conosciuto Travaglio quanto basta per escludere ogni ambiguità a riguardo. E’ decisamente improbabile e logico, così pure, che Antonio Ingroia non sapesse di condividere l’ufficio e le ferie con la talpa di un favoreggiatore di Bernardo Provenzano. Il punto è che Travaglio ha fatto di tutto, di lì in poi, per veicolare la discussione su questa faccenda del pagamento della vacanza – industriandosi su assegni e matrici e cazzate da magistrato che non è, e vorrebbe essere . anziché concentrarsi sul dato pacifico che riguarda le frequentazioni sue e di Ingroia.

Travaglio conobbe Ciuro a Palermo, quando quest’ultimo lavorava alla polizia giudiziaria antimafia: dopodichè, come detto, fu appunto lui che nel 2002 gli consigliò un hotel di amici suoi a Trabia, e l’anno dopo un residence di Altavilla Milicia, il Golden Hill. Travaglio, pur non richiesto, furibondo, ha mostrato tutte le ricevute del caso: i pagamenti per le vacanze dell’agosto 2002 all’Hotel Torre Artale (fotocopia dell’assegno ed estratto conto della carta di credito) e poi l’assegno dell’anno dopo, pagato alla poprietaria del villino dove aveva soggiornato con la famiglia. In quest’ultimo caso pagò molto poco, ma l’anno prima era stato un salasso: «Al momento di pagare il conto», ha scritto Travaglio, «mi accorsi che la cifra era il doppio della tariffa pattuita: pagai comunque quella somma per me esorbitante e chiesi notizie a Ciuro, il quale mi spiegò che c’era stato un equivoco e che sarebbe stato presto sistemato, cosa che poi non avvenne». In altre parole gli chiese uno sconto. Invano.

Il perché non avvenne è chiaro. Infatti l’assegno del 2002 pubblicato da Travaglio (che l’ha messo in rete) ha sul retro, a ben guardare, una girata fatta col timbro della Santa Margherita srl: una società, basta verificarlo, che era in amministrazione giudiziaria per mafia. Il residence dove stava Travaglio, cioè, era sotto sequestro dal 2000 contestualmente all’arresto del costruttore Rosario Alfano, processato per concorso esterno e riciclaggio. Per il riciclaggio Alfano è stato assolto, con conseguente restituzione dei beni; per il concorso esterno in associazione mafiosa, invece, è stato condannato a sei anni in primo grado. Nel complesso, Travaglio è stato quantomeno sfigato. Sfortuna volle, cioè, che abbia soggiornato in un albergo mentre questo era posto sotto sequestro per vicende di mafia; sfortuna volle che a consigliarglielo sia stato un tizio successivamente condannato per favoreggiamento questo Ciuro che gli aveva parlato di un hotel di amici suoi; sfortuna volle, infine e logicamente, che Travaglio sia infine incappato non nei proprietari dell’hotel già amici del suo amico (quelli che avrebbero potuto fargli uno sconto, tutti condannati per mafia) ma in un commissario giudiziario. Chiaro che l’amico Ciuro non sia riuscito a sistemare il problema del conto: aveva a che fare con un Amministratore Giudiziario. Travaglio pagò una cifra attorno ai dieci milioni di lire, e Ciuro in effetti non potè farci nulla: ma ecco, gli consigliò la vacanza dell’anno dopo.

Per quella vacanza, Travaglio, vergò un altro assegno – numero 303198299, in data 21 agosto 2003 – per un importo complessivo di 1000 euro. Per un villino. Per una vacanza. Di dieci giorni. Per lui e per tutta la famiglia. Vabbeh.

Preso da sacro foco, il 13 ottobre scorso, Travaglio ha scritto sul suo blog:

«Dopo lunga attesa sono riuscito a entrare in possesso dell’assegno con cui pagai il mio soggiorno di 10 giorni nel residence Golden Hill di Altavilla Milicia (Palermo). Pubblico anche questo, cancellando per motivi di privacy il nome del beneficiario… Lo faccio anche perché diversi topi di fogna berlusconiani, su giornali, siti internet, blog e in dichiarazioni pubbliche alle agenzie di stampa, hanno continuato per un anno a insinuare o ad affermare che io mi sia fatto pagare le ferie da altri, addirittura da “mafiosi” e che, dunque, io non possa avere le prove di aver pagato. Eccoli dunque accontentati. Io non ho mai avuto il dispiacere di conoscere il signor Aiello, né il suo avvocato. E questo è l’assegno da 1000 euro con cui pagai quei dieci giorni di ferie ad Altavilla Milicia. Ora chi vuole può tranquillamente vergognarsi per avermi calunniato».


E chi sarebbero questi «topi di fogna berlusconiani»? Non si capisce. D’Avanzo? L’avvocato di Aiello, Sergio Monaco? Io no di sicuro, visto che sul tema ebbi semplicemente a scrivere il 24 settembre 2008: «Si può credere che di certa mafiosità dei suoi interlocutori Travaglio non avesse la minima conoscenza. Nessun personale dubbio, su questo».

La fortuna di Ingroia e Travaglio, al solito, è quella di non avere un Ingroia e un Travaglio che si occupino di loro. Io scriverei solamente che sono stati degli incauti e che forse restano poco titolati a puntare il dito contro le frequentazioni altrui; Travaglio, invece, è quello che ha puntato il dito contro la seconda carica dello Stato, Renato Schifani, perché aveva frequentato delle persone che 18 anni dopo sono state inquisite per mafia. Lui che, con Ingroia, si tuffava in piscina con un personaggio che solo due mesi dopo sarebbe stato arrestato per associazione mafiosa. Immaginarsi che cosa scriverebbe di se stesso.

Da Macchianera
 
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Modzilla
view post Posted on 29/11/2009, 23:10




Situazione ingarbugliata, ma adesso per sgarbugliarla bisognerebbe rigarbugliare il garbuglio o ingarbugliare garbugliatamente il bandolo del garbuglio? :wacko:
 
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1 replies since 29/11/2009, 17:33   75 views
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