Ripresa

Stefano Cucchi

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kissene
view post Posted on 7/11/2009, 19:50




Centinaia di giovani, immigrati e gente del quartiere di Torpignattara sfilano
fino alla casa del ragazzo. La sorella: "Grazie ma niente gesti sconsiderati"
Roma, tensione al corteo per Cucchi
polizia contestata. "Basta vite spezzate"
Bottiglie di vetro sono state lanciate contro le camionette delle forze dell'ordine
e alcuni cassonetti sono stati rovesciati e incendiati. Esploso un grosso petardo


ROMA - Tensione al corteo organizzato dai centri sociali di Roma per chiedere "Verità e giustizia per Stefano Cucchi", il ragazzo morto in ospedale il 22 ottobre, una settimana dopo essere stato arrestato. Lo striscione d'apertura recitava: "Non si può morire così. Basta vite spezzate dalla violenza dello Stato". Tensione con le forze dell'ordine che, bersagliate dal lancio di oggetti e petardi, hanno reagito sparando lacrimogeni.

"Non può essere la violenza a farci giustizia", hanno affermato i familiari di Stefano Cucchi dopo i momenti di tensione esprimendo "solidarietà" nei confronti della polizia. "Siamo addolorati - ha detto la sorella Ilaria - per quanto accaduto oggi durante la manifestazione, perché non può essere la violenza a farci giustizia".

Il corteo. I manifestanti, circa 1.500 secondo gli organizzatori, sono partiti da via dell'Acquedotto Alessandrino nel quartiere popolare di Tor Pignattara diretti a via Ciro da Urbino, dove abitava Stefano Cucchi. Qui, sul portone del palazzo, i condomini hanno messo uno striscione con le foto del giovane morto il 22 ottobre e la scritta: "Stefano, il tuo sorriso rimarrà impresso per sempre nei nostri cuori".

Nel corteo tanti ragazzi, immigrati e gente del quartiere. Presenti anche l'assessore regionale Luigi Nieri e il consigliere provinciale Gianluca Peciola. "E' stato ucciso dallo Stato - ha gridato uno dei manifestanti al megafono - è l'ennesima vittima della stagione della repressione italiana".

Disordini. Attimi di tensione hanno preceduto l'inizio della manifestazione. Bottiglie di vetro sono state lanciate contro le camionette delle forze dell'ordine da un gruppo di manifestanti. Poi, quando il corteo era ormai finito e il grosso dei partecipanti se ne stava andando, alcuni cassonetti sono stati rovesciati e incendiati. Un grosso petardo è stato lanciato in direzione della polizia e oggetti sono stati lanciati verso persone ritenute agenti in borghese. gli agenti hanno reagito lanciando lacrimogeni in via di Torpignattara.

Successivamente i disordini si sono spostati su via Casilina, all'altezza del cosiddetto monumento al cannone. Qui alcuni manifestanti hanno di nuovo incendiato cassonetti. Contro i reparti della celere c'è stato di nuovo un lancio di oggetti. Il gruppo era composto da circa un centinaio di manifestanti.

La sorella. "Ringrazio tutti coloro che stanno manifestando solidarietà per la morte di mio fratello. La mia famiglia comunque si dissocia da qualsiasi gesto sconsiderato e offre la sua solidarietà alla polizia. Qualsiasi gesto fuori dalla norma può compromettere la situazione", aveva detto la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, all'arrivo del corteo. La ragazza ha continuato il suo intervento quando da casa Cucchi sono scesi i genitori di Stefano, Giovanni e Rita.

"Mio fratello non è un eroe ma una vittima - ha continuato Ilaria - ma questo non giustifica quello che gli è accaduto e perciò chiediamo giustizia. Nonostante gli sbagli e le fragilità non meritava di finire così in solitudine la sua breve vita. Quello che chiediamo è che altre persone non debbano passare quello che ha passato Stefano". Ad attendere i manifestanti c'erano anche diverse decine di amici, conoscenti e vicini di casa. Al loro arrivo un fragoroso applauso è risuonato per diversi minuti. Il corteo è poi proseguito per le vie del quartiere.

Gli amici. "Era un ragazzo normale - ha raccontato Federica, una conoscente del quartiere - l'hanno messo in prigione per due canne ed è uscito morto. Tutto questo non può rimanere impunito". "Stefano è stato ucciso - ha continuato a gridare un manifestante al megafono - E' passato dalla Stazione dei carabinieri di Tor Sapienza e loro non sono stati, è passato per Regina Coeli e loro non sono stati, è passato per il tribunale e non sapevano niente e alla fine è morto in un letto dell'ospedale Pertini".

Mozione per Cucchi. Oggi il consiglio provinciale di Roma ha approvato all'unanimità la mozione di Massimiliano Massimiliani, l consigliere del Pd e presidente della Commissione Politiche sociali, per chiedere che "anche il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica si attivi per chiarire le ragioni del decesso di Stefano Cucchi".

"Questo - ha aggiunto Massimiliani - non solo per tutelare i diritti individuali e della collettività, ma anche per difendere quanti nei corpi dello Stato, e sono la maggioranza, ogni giorno compiono il proprio dovere per la difesa della legalità".
(7 novembre 2009) www.repubblica.it
 
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kissene
view post Posted on 9/11/2009, 18:07




ROMA - Primi indagati nell'ambito dell'inchiesta su Stefano Cucchi, il 31enne morto lo scorso 22 ottobre dopo essere stato arrestato una settimana prima, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre. L'ipotesi di reato è omicidio preterintenzionale. I provvedimenti si riferiscono a chi fu in contatto con Cucchi, arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti. Cioè, carabinieri, agenti penitenziari e detenuti di Regina Coeli, e poi nelle celle del Palazzo di Giustizia, dove i fermati restano in attesa di comparire nelle aule del tribunale o per la convalida degli arresti o per il processo.

"Su tutte queste posizioni si stanno facendo accertamenti", si spiega a piazzale Clodio. Dalla cittadella giudiziaria non si confermano le indiscrezioni: "Molte cose scritte e dette sono sbagliate. Bisogna attendere lo svolgimento di alcuni accertamenti".

Sulla vicenda è in corso anche un'indagine parallela che riguarda la degenza di Cucchi prima nell'ospedale Villa San Pietro e poi al Sandro Pertini, dove Cucchi è morto. In questa parte dell'indagine è stato ipotizzato il reato di omicidio colposo. Al momento, quindi, i medici non sarebbero coinvolti nel lavoro dei pm Vincenzo Barba e Francesca Loy. Nei confronti dei sanitari, se dovessero emergere responsabilità a livello di negligenze, si procederebbe per omicidio colposo.

Anche oggi, con le audizioni di testimoni, prosegue l'attività istruttoria dei due magistrati, mentre è cominciata la consulenza dei medici legali dell'università di Roma La Sapienza incaricati di esaminare le risultanze degli accertamenti autoptici e di fare chiarezza sulle cause della morte di Cucchi.
(9 novembre 2009) www.repubblica.it


Giovanardi ha classe e non perde occasione per dimostrarlo...


ROMA - Il sottosegretario Giovanardi ne è sicuro: Stefano Cucchi è morto perché "anoressico, drogato e sieropositivo". Parole pesantissime, che per la sorella del ragazzo morto misteriosamente "si commentano da sole". Fra l'altro, la famiglia ha sempre smentito la sieropositività.

Giovanardi non concede spazio al dubbio: "Era in carcere perché era uno spacciatore abituale. La verità verrà fuori, e si capirà che è morto soprattutto perché era di 42 chili". Così il sottosegretario alla Presidenza alla trasmissione "24 Mattino" su Radio 24.

Giovanardi segue le politiche giovanili del governo e la lotta alla droga. E non ha alcun dubbio. Non ci sono responsabilità umane nella morte di Cucchi. Quel corpo pieno di lividi e fratture di cui è ancora ignota la causa, quelle cartelle cliniche apparentemente manomesse, quella coltre di dubbi che circonda la morte del ragazzo romano, per il sottosegretario, non significano nulla. Se c'è un colpevole, per Giovanardi, è la droga: "Che ha devastato la sua vita, era anoressico, tossicodipendente, poi c'è il fatto che in cinque giorni sia peggiorato, certo bisogna vedere come i medici l'hanno curato. Ma sono migliaia le persone che si riducono in situazioni drammatiche per la droga, diventano larve, diventano zombie: è la droga che li riduce così".

"A Giovanardi che fa queste dichiarazioni a titolo gratuito - dice la sorella di Stefano, Ilaria, - rispondo semplicemente che il fatto che Stefano avesse problemi di droga noi non l'abbiamo mai negato, ma questo non giustifica il modo in cui è morto". "Non voglio aggiungere altro - conclude - la cosa che ha detto il sottosegretario si commenta da sola". Anche Giovanni, il padre di Stefano fa sentire la sua voce, rilanciando come la famiglia sia "sempre in attesa di giustizia".

Controreplica del sottosegretario: "La droga ha svolto un ruolo determinante, perchè è stata la causa della fragilità di Stefano, anoressico, tossicodipendente e soggetto a crisi di epilessia, secondo le sue dichiarazioni: ma proprio le sue patologie non dovevano e non potevano indurre i medici a prendere per oro colato le sue presunte volontà".

Le parole dell'uomo di governo provocano anche la reazione dell'Idv. Che, per bocca del senatore Stefano Pedica, attacca il sottosegretario: "Ha perso una buona occasione per tacere. Non si puo' fare sterile propaganda politica su un ragazzo morto per circostanze ancora tutte da verificare". Mentre il suo compagno di partito Massimo Donandi si spinge a chiedere le dimissioni del sottosegretario. Durissimo il Pd: "Parole vergognose, Giovanardi taccia e non sproloqui per ragioni propagandistiche sulla pelle di un ragazzo che non c'è più" dice il deputato Roberto Giachetti. Per il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, quelle di Giovanardi sono parole "disumane": "Si scusi o intervenga Berlusconi". Per Livia Turco si tratta di "parole inqualificabili", ed "è sconcertante che chi esalta il valore della vita in ogni occasione consideri la morte di uno spacciatore un fatto non importante".

E della vicenda si potrebbe occupare anche Amnesty International. "Ho ricevuto richiesta di informazioni dall'ufficio londinese dell'organizzazione" rivela Luigi Manconi, presidente dell'associazione "A buon diritto" che ha seguito il caso fin dal primo momento e che ha messo sul proprio sito tutti i documenti del caso.

(9 novembre 2009) www.repubblica.it

 
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kissene
view post Posted on 11/11/2009, 17:41




Stefano Cucchi abitava proprio a due passi da casa mia.
Il mio quartiere ed il suo, adiacenti, non possono certo dirsi centrali o di lusso ma certamente sono quartieri normalissimi, senza particolare deliquenza o comunque attività illecita di rilevanza.
Ci stiamo organizzando in associazione, anche come comitato di quartiere. ed è bello vedere anche il coinvolgimento dei ragazzi del Bangladesh che risiedono al Pigneto, che sto imparando a conoscere e che sono persone veramente speciali.
Farò sapere di eventuali iniziative.


Intanto domani proprio qui accanto:

La Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza arriva in Italia!
Il 7 novembre entrerà da Trieste e percorrerà il nostro Paese fino a Napoli. Una serie di eventi, in diverse città, sono stati organizzati per accogliere l'Equipe Base della Marcia Mondiale. Scopri tutti gli eventi cliccando sul titolo.
11 - 12 Novembre - La Marcia arriva a Roma
La Marcia incontra il Papa
Una delegazione della Marcia è invitata per l'udienza che il Papa dà ogni mercoledì a San Pietro.
Roma 12 novembre Piazza Vittorio
Ore 9.00 Laboratori sulla nonviolenza
Ore 11.30 Le elementari a PIAZZA VITTORIO per formare il simbolo della pace
Ore 13.00 studenti delle scuole superiori si esibiranno in atti di destabilizzazione creativa o flash mob
Ore 16.00 Drum Circles, orchestra ritmica sul luogo e nel momento
Ore 17.30 Intervento di Rafel de La Rubia, presidente di Mondo senza Guerre e senza Violenza e ideatore della Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza
Ore 18.00 Coro dei bambini di Piazza Vittorio
Saranno presenti: tutte le organizzazioni che hanno aderito alla marcia con punti informativi su disarmo, conflitti, nucleare, spese militari, pacchetto sicurezza, permesso di soggiorno e CIE (Centri di identificazione ed espulsione), energie alternative; inoltre stand con prodotti tipici e artigianato, artisti di fama nazionale, comunità di diverse etnie, musica e giocoleria.
La serata continua con il concerto di LADY SOVEREIGN (UK) al Circolo degli Artisti (Via Casilina Vecchia 42). Durante la serata ci saranno proiezioni sulla Marcia Mondiale "on the road" e interventi dei marciatori.
info: www.circoloartisti.it Prevendite disponibili su Greenticket.it, Ticket.it e presso la biglietteria del Circolo degli artisti
 
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kissene
view post Posted on 11/11/2009, 17:59





Discrepanze fra medici di Regina Coeli e Fatebenefratelli
Roma, 11 nov. (Apcom) -E' nato oggi il "Comitato per la verità su Stefano Cucchi", il giovane romano arrestato la sera del 15 ottobre scorso e deceduto nel reparto detentivo dell'ospedale Sandro Pertini la mattina del 22 ottobre. Il Comitato, coordinato da Luigi Manconi, è composto da parlamentari della maggioranza e dell'opposizione. Il Comitato, che - spiega una nota - in nessun modo intende interferire con le indagini dell'autorità giudiziaria, si prefigge esclusivamente un fine di verita'. Le prime attività del Comitato saranno: l'apertura di un blog, una visita all'Ospedale Pertini, padiglione detenuti, la proposta alle commissioni giustizia di Camera e Senato di un'audizione dei familiari di Stefano Cucchi, la richiesta, infine, di effettuare un'indagine conoscitiva sulle frequenti morti di detenuti nelle carceri italiane. Intanto ci sono "discrepanze" tra le testimonianze dei medici in servizio presso il carcere di Regina Coeli e quella dei sanitari del Fatebenefratelli sulle condizioni in cui si trovava Stefano Cucchi. Lo ha detto Ignazio Marino, presidente della commissione di inchiesta sull'efficienza ed efficacia del sistema sanitario nazionale, al termine dell'audizione questa mattina di alcuni medici del Fatebenefratelli. "Ci sono - ha detto Marino - certamente delle discrepanze tra quanto abbiamo ascoltato dai medici di Regina Coeli, che fanno riferimento a delle lesioni anche al volto, e quello che abbiamo ascoltato dai medici del Fatebenefratelli". Questi ultimi, infatti, "parlano di lievi segni sottocutanei e sotto le orbite, ma non di tumefazioni e lesioni così gravi come ci era sembrato di capire". Sulla vicenda, ha ricordato Marino, "abbiamo nominato ieri il professor Vincenzo Pascali, il medico legale dell'università Cattolica, come nostro perito e aspettiamo le sue valutazioni". Domani, ha annunciato Marino, la commissione ascolterà anche i medici del Pertini, "poi decideremo anche se fare un sopralluogo all'ospedale".

Stefano Cucchi, Aldo Bianzino e gli altri
Carta
[11 Novembre 2009]
Un'altra morte sospetta in una prigione italiana. E' successo a Parma, dove Giuseppe Saladino è morto poche ore dopo essere rientrato in cella dopo aver violato i domiciliari. Dal 2000 a oggi nelle carceri italiane sono morte 1531 persone. Una ogni due giorni.

Secondo decesso sospetto in una prigione italiana in pochi giorni. A Parma è morto Giuseppe Saladino, portato in prigione venerdì alle 17 dopo aver violato gli arresti domiciliari. O meglio, dopo aver passato un po’ troppo tempo fuori, tra il carcere e casa sua, dove avrebbe dovuto continuare la detenzione.
La dinamica della sua morte non è ancora chiara e ci vorrà l’autopsia, fissata al 9 dicembre, per chiarie i dubbi che si concentrano sul fatto che Giuseppe avesse o no assunto dei farmaci prima di rientrare in carcere. Nel primo referto, i medici hanno scritto che sarebbe morto per droga, ma è un’ipotesi che sua madre respinge. E poiché la morte sembra avvenuta nelle prime ore del mattino, si chiede come mai il personale carcerario non si è accorto di nulla o – visto che il ragazzo era passato nei mesi scorsi dall’ospedale psichiatrico giudiziario dove gli erano stati somministrati molti sedativi – non ne avesse tenuto conto con una visita medica prima di metterlo nella stessa cella da cui era uscito poche ore prima.
La storia di Giuseppe Saladino, al di là delle caratteristiche diverse, dimostra che la morte di Stefano Cucchi, a Roma, non è un «caso», ma un sintomo e una conseguenza dello stato di abbandono in cui vivono le persone detenute in Italia. Abbandono e pericolo. Se non bastassero queste due storie a sollevare la cortina di silenzio che circonda tutto ciò che riguarda il carcere, ci sono altri nomi da fare. Per esempio quello di Aldo Bianzino, ucciso nel carcere di Capanne, a Perugia, il 12 ottobre del 2007. Dalla morte di Aldo sono passati due anni e ancora non si sa nulla. Anzi, l’11 dicembre il gip dovrà decidere sulla seconda opposizione presentata dalla famiglia di Aldo alla seconda richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero. Che a quanto pare non è stato capace di individuare tra medici e personale della polizia penitenziaria chi ha causato o contribuito a causare l’aneurisma che, ufficialmente, ha ucciso Aldo.
Per andare ancora più indietro nel tempo, si può ricordare il caso di Marcello Lonzi, morto nel carcere di Livorno, l’11 luglio 2003. La madre denunciò allora il personale in servizio nel carcere Le Sughere ma ancora aspetta che l’inchiesta arrivi a una qualche conclusione.
Nomi ce ne sarebbero altri, molti stranieri. Secondo i dati dell’associazione Ristretti Orizzonti, pubblicati nel dossier «Morire di carcere», nelle prigioni italiane dal 2000 al 31 ottobre 2009 sono morte 1531 persone. Praticamente una ogni due giorni. Un terzo di queste morti sono catalogate come «suicidi». Si può aggiungere che il dossier 2009 dell’Associazione Antigone è intitolato «Oltre il tollerabile» o che Amnesty international e Human rights watch segnalano puntualmente nei loro rapporti annuali sulla situazione di diritti umani la «preoccupazione» per le violazioni a cui sono esposte le persone detenute in Italia e il fatto che in molti casi le condizioni di vita nelle patrie galere sono al di sotto degli standard internazionali e che la reale estensione del «fenomeno» dei maltramenti subiti dai detenuti non emerge in tutta la sua dramamticità perché i detenuti hanno paura delle vendette consumate silenziosamente dietro le porte blindate delle prigioni.
Lo dice anche l’avvocato di S. Y. il cittadino africano che avrebbe assistito al pestaggio subito da Stefano Cucchi nelle camere di detenzione del tribunale di Roma, prima dell’udienza che spedito Stefano in carcere a Regina Coeli e da lì al reparto detenuti dell’ospedale Pertini. L’avvocato di S. Y. ha riferito a Repubblica ciò che il suo assistito ha visto, prima di incontrare Stefano durante il trasferimento nel carcere romano. E ora S. Y. ha paura. Teme che gliela facciano pagare, allugando i tempi della sua detenzione o peggio. Lui, migrante irregolare, qui non ha nemmeno una famiglia che continui a chiedere, giorno dopo giorno, verità e giustizia.
www.carta.org
 
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kissene
view post Posted on 13/11/2009, 19:23




Proprio senza parole...


ROMA - A tre agenti carcerari che lo hanno avuto in custodia e ad altrettanti medici del reparto di detenzione dell'ospedale Sandro Pertini sono arrivati gli avvisi di garanzia nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, il trentunenne arrestato in buone condizioni di salute alle 23.30 del 15 ottobre (in possesso di pochi grammi di droga) e deceduto alle 6.45 del 22, denutrito, disidratato, con la schiena rotta e altri traumi.

I sanitari sono accusati di omicidio colposo: destinatari dei provvedimenti sono Aldo Fierro, 60 anni, primario del servizio di Medicina protetta del Pertini e i suoi collaboratori Stefania Corbi, 42, e Rosita Caponetti, 38. Secondo il capo di imputazione, i tre, "omettendo le dovute cure, cagionavano la morte di Cucchi".

In particolare per il contrasto alla denutrizione e alla disidratazione, i sanitari disponevano degli strumenti e avrebbero potuto mettere in campo le azioni necessarie per curarlo anche se il paziente avesse rifiutato le cure. L'avviso di garanzia, spiegano in Procura è dovuto a "un eccesso di garanzia per consentire agli interessati di nominare un consulente in vista della riesumazione della salma".

L'accusa per gli agenti carcerari è invece di omicidio preterintenzionale. Nicola Minichini, 40 anni, Corrado Santantonio, 50, e Antonio Dominici, 42, "colpendo Cucchi il 16 ottobre nelle celle di sicurezza del tribunale con calci e pugni, dopo averlo fatto cadere, ne cagionavano la morte avvenuta all'ospedale Sandro Pertini".

Il pestaggio. L'aggressione si sarebbe consumata la mattina del 16 ottobre, nel sotterraneo del palazzo B del tribunale, dove Cucchi era rinchiuso in una cella di sicurezza in attesa dell'udienza di convalida dell'arresto, ha spiegato il procuratore capo Giovanni Ferrara. Cucchi, secondo l'accusa, sarebbe stato scaraventato in terra, dopo aver sbattuto violentemente il bacino, procurandosi una frattura dell'osso sacro, sarebbe stato colpito a calci che avrebbero procurato le altre lesioni.

I testimoni. Determinante la testimonianza di un altro detenuto, un immigrato dell'Africa occidentale, che avrebbe assistito alla scena. L'uomo, hanno ricostruito gli inquirenti, riuscì a parlare con lui, a udienza di convalida conclusa, mentre venivano portati nel carcere di Regina Coeli. Con il supertestimone che ha assistito al pestaggio di Stefano Cucchi, altri due detenuti, anch'essi immigrati, hanno visto e sentito. E ce ne sono altri che hanno raccolto le confidenze del giovane sull'aggressione subita.

L'incidente probatorio. La Procura ha deciso che tutti vengano ascoltati in sede di incidente probatorio per dare valore di prova alle loro dichiarazioni. Nella richiesta di incidente probatorio, viene spiegato che il testimone chiave della vicenda, trovandosi quella mattina nelle celle di sicurezza del tribunale, "vide e udì agenti della polizia penitenziaria in divisa colpire il giovane". Un po' più tardi, Stefano Cucchi consegnò all'immigrato la ricostruzione del pestaggio o, quantomeno, la rivelazione dei suoi autori mentre, a bordo di un cellulare, erano diretti nel carcere di Regina Coeli. Per l'immigrato africano, stante la delicatezza della sua posizione, resa ancora più fragile dal fatto che sembra sia clandestino, starebbe per essere avviato il programma di protezione.

Oltre che sulle responsabilità degli agenti penitenziari, l'indagine si concentra su quelle dei carabinieri e degli altri medici che hanno incontrato Cucchi. La prossima settimana sarà riesumata la salma. In questi giorni i pm Francesca Loi e Vincenzo Barba hanno ascoltato una sessantina di persone annotando vuoti e incongruenze.

La Commissione parlamentare. Contraddizioni sono state ascoltate ieri, anche dalla commissione parlamentare d'inchesta sulla Sanità. Molte e vistose. Tanto che il presidente Ignazio Marino ha deciso di continuare a porte chiuse l'audizione dei sei medici del reparto carcerario dell'ospedale Sandro Pertini.

"Abbiamo deciso secretare gli atti", spiega Marino, "di fronte a versioni in patente contrasto l'una con l'altra". In altre parole, i 16 medici (3 di Regina Coeli, 7 del Fatebenefratelli, 6 del Pertini) avrebbero operato non solo senza un indirizzo clinico univoco ma con comportamenti differenti verso il paziente detenuto: alcuni provando a curarlo, altri, sembra, alzando le spalle, alcuni a dire che era grave e altri a sottovalutare. "Abbiamo deciso di approfondire l'indagine", dice Marino, "ascolteremo le versioni degli infermieri e con il perito nominato dalla commissione per questo caso, sarò presente agli esami sulla salma".

I carabinieri. Non sono stati trovati elementi di accusa contro i carabinieri. A puntare il dito contro di loro ci sono le testimonianze degli agenti penitenziari, ma i pm per ora non hanno trovato riscontri.

www.repubblica.it
 
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kissene
view post Posted on 14/11/2009, 11:34




Vorrei sapere dove sono ora i fautori della "Vita" che tanto casino fecero per Eluana.
Mi chiedo perchè non scendano in piazza a manifestare e a chiedere giustizia.



ROMA - Stefano Cucchi ha cominciato a morire in un sotterraneo, dunque. Sul pavimento delle camere di sicurezza del Tribunale. Dove il 16 ottobre, tra le 9.30 e le 12.30, tre agenti della polizia penitenziaria gli hanno spezzato la schiena a calci e pugni prima ancora che un giudice lo processasse. Eppure, questa verità, che dobbiamo al coraggio di un giovane detenuto africano, S. Y. (di cui "Repubblica" ha dato conto qualche giorno fa), non chiude la storia. Perché a finire il lavoro avviato dai tre uomini in giubba blu - Nicola Minichini, Corrado Santantonio, Antonio Domenici - è stata la "negligenza", "imperizia", "imprudenza" di tre uomini in camice bianco.

Medici della "struttura protetta" dell'Ospedale "Sandro Pertini". Il primario del reparto, Aldo Fierro. Due dei suoi "specialisti", Stefania Corbi e Rosita Caponetti. A documentarlo è uno scartafaccio che la Procura della Repubblica ha acquisito agli atti dell'inchiesta. Fogli prestampati con il logo - un lucchetto - scelto da questo tipo di struttura sanitaria per distinguersi da altre. Annotati nella grafia a tratti incomprensibile che molti medici esibiscono come vezzo. È il diario clinico del "paziente Cucchi Stefano, nato a Roma l'1-10-78". Dei suoi cinque giorni di ricovero nella corsia di ospedale che è stata la sua tomba. Del lavoro di chi - accusa oggi la procura - chinandosi al suo capezzale ne ha sottovalutato la sofferenza fisica e psicologica, fino "a lasciarlo morire".

Leggiamo.
È il 17 ottobre, un sabato. Alle 19.45, Stefano viene "accettato" nella "struttura protetta" del "Pertini". Arriva in ambulanza dal "Fatebenefratelli", l'ospedale in cui è stato rapidamente trasferito dal carcere di Regina Coeli e dove gli sono state diagnosticate, con le profonde ecchimosi al volto, le fratture della vertebra L3 e di quella del coccige. Per i suoi 31 anni, è uno scricciolo d'uomo (arriva a stento ai 50 chili), ha avuto problemi di tossicodipendenza, è in evidente stato di alterazione emotiva. Non mangia da almeno due giorni. Ma la "scheda infermieristica" con cui viene avviato in corsia se dà atto che "il paziente, in ragione delle fratture alle vertebre, è completamente allettato e immobile", certifica tuttavia che "la percezione sensoriale non è limitata e lo stato di nutrizione eccellente". Non c'è uno straccio di anamnesi. Non un riferimento ai suoi problemi di epilessia.

Lo sistemano nel "letto numero 16" e, il 18 ottobre, lo visita una prima volta la dottoressa Stefania Corbi, 38 anni, che l'albo dei medici segnala "specialista in oncologia". "Paziente molto polemico - scrive - Si gira con la testa mantenendo la posizione prona. Si convince a farsi visitare, ma è comunque scarsamente "collaborante"". Quel "collaborante" al posto di "collaborativo", segnala il lapsus linguistico-carcerario di un medico di cui si indovina l'approccio. E le sbrigative conclusioni. "Il paziente presenta verosimile ematoma regione glutea sinistra (dove lo hanno preso a calci ndr.) e vistoso ematoma ed ecchimosi preorbitaria sinistra. Rifiuta di continuare a parlare. Impossibile proseguire. Somministrare "Contramal" (un analgesico ndr.) al bisogno".

Il 19 ottobre, un secondo medico (la firma è illeggibile) torna ad accostare il letto di Stefano. Con annotazioni che documentano come, a distanza ormai di oltre 48 ore dalle fratture alla schiena, nessuno si sia ancora preoccupato di "stabilizzare" il corpo di quel ragazzo. "Paziente non accessibile al colloquio - si legge - Rifiuta visita". Epperò "si consiglia una consulenza ortopedica" che, evidentemente, ancora non si è trovato il modo di fare. Stefano è una mummia di dolore. "Condizioni generali scadute. Viva dolorabilità alla digitopressione, compatibile con diagnosi fratturativa di L3 recente. Algia sacrococcigea viva. Paziente in decubito. Si consiglia rx tratto lombare su L3. Da rivedere dopo rx".

Il 21 ottobre, dopo che le ventiquattro ore precedenti sono state riassunte in una sola riga ("Il paziente rifiuta la visita"), in corsia è di nuovo la dottoressa Stefania Corbi. "Si propone nuovamente al paziente reidratazione endovenosa - scrive - Ma il paziente rifiuta perché vuole prima parlare con il suo avvocato e con l'assistente della comunità Ceis. Rifiuta anche di alimentarsi, come sta facendo sin dall'ingresso per lo stesso motivo. Per lo stesso motivo rifiuta anche di effettuare ecografia dell'addome".

Stefano Cucchi pesa ormai meno di 40 chili. E gli sono rimaste dodici ore da vivere. Il volto e il corpo scheletrico dell'uomo nel "letto 16" che la dottoressa ha davanti è esattamente lo spettro che verrà documentato dalle foto scattate al cadavere il giorno successivo. Ma la vista di quel teschio non deve allarmarla più di tanto. Perché se è vero che, a margine di questa pagina del diario clinico, uno sgorbio di firma che sembrerebbe quella della Corbi, segnala che "in accordo con il direttore dottor Fierro si predispone relazione clinica da inviare al magistrato" (documento che mai partirà per il Tribunale), è altrettanto vero che medico e paziente stanno per avere la loro ultima discussione. Che dice tutto su come vadano le cose lì dentro. Scrive la Corbi. "Il paziente accetta comunque idratazione orale. Ha un atteggiamento oppositivo e diffidente. È polemico sul vitto, affermando di non poter mangiare riso, patate e carne, in quanto celiaco, come gli sarebbe stato comunicato dal medico che gli ha diagnosticato la malattia. Si cerca di spiegare al paziente che quegli alimenti non sono affatto contenenti glutine e possono essere assunti tranquillamente da pazienti affetti da celiachia. Ma appare diffidente. Si consegna al paziente la lista degli alimenti privi e contenenti glutine scaricata dal sito (internet ndr.) dell'associazione italiana celiaci".

Il "polemico", "oppositivo" e "diffidente" Stefano affronta la sua ultima notte con il consiglio di mangiare riso, pasta e carne e la lista dell'associazione italiana celiaci sul comodino. Alle 6.15 del 22 ottobre, il suo cuore schianta. Senza la presenza di un solo rianimatore. Ma - annota la Corbi - circondato "da personale infermieristico impegnato in manovre di rianimazione fino alle 6.45, ora del decesso".
 
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kissene
view post Posted on 15/11/2009, 12:44




Vabbè, in poche parole la penso così: Cucchi ha fatto il coatto, ha indispettito le guardie, le ha prese, ha tenuto il punto nonostante le botte.
Le ha prese ancora, ha tenuto ulteriormente il punto. Anche coi medici, con tutto il mondo.
Purtroppo non ha calcolato che a fare il coatto con certa gente c'è solo da rimetterci, e infatti è morto.
Un uomo indifeso che sarà stato irritante quanto volete, ma sempre indifeso era.
E in ogni caso, le parole non rompono le vertebre.




ROMA - È uscito da Regina Coeli e, sotto protezione, ora vive in un luogo segreto, affidato a una comunità per tossicodipendenti. La procura ha deciso di tutelare l'immigrato africano che prima ha udito le urla e poi, dallo spioncino della sua cella, avrebbe assistito al pestaggio di Stefano Cucchi negli interrati del tribunale, mentre il giovane aspettava l'udienza del processo, subito dopo l'arresto e sei giorni prima di morire denutrito, disidratato e con la schiena rotta.

"Anche la magistratura non si fida degli ambienti del carcere", commenta il senatore Stefano Pedica (Idv) che insiste: "Cucchi è stato picchiato a più riprese". Lo dice riferendo il racconto di uno dei due detenuti che hanno passato la notte del 16 ottobre nella cella numero 6 della medicheria di Regina Coeli con Cucchi, che era stato da loro aiutato a scendere da una sedia a rotelle, quando rientrò dalla visita al Fatebenefratelli, e a coricarsi su un fianco, prima che cominciasse a lamentarsi nella notte. "Cucchi", riferisce Pedica, "aveva detto a quel detenuto di essere "stato picchiato dentro e fuori"".

Cosa voleva dire? Quel "dentro" - lo spiegano gli avvisi di garanzia per omicidio preterintenzionale agli agenti penitenziari - sta a indicare il "bunker" del tribunale, luogo dell'aggressione a Cucchi per la quale sono ora accusati Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici. Quel "fuori", invece, resta un giallo: l'altro possibile pestaggio sarebbe avvenuto prima o dopo la permanenza negli interrati del tribunale? "Sta di fatto", commenta Pedica, "che la verità non è ancora completa".

Con l'allontanamento dell'immigrato da Regina Coeli, i pm Francesca Loi e Vincenzo Barba, hanno voluto metterlo al riparo da possibili "pressioni psicologiche che potrebbero fargli ritrattare o cambiare le sue dichiarazioni". Che assumeranno valore di prova in sede di incidente probatorio. "Ma quali botte, quale pestaggio?", si difende Nicola Minichini, con il suo legale Diego Perugini.

"A quel ragazzo abbiamo offerto un caffè e due sigarette. Stava male, abbiamo chiamato il medico. Dopo l'udienza era agitato, ce l'aveva con i carabinieri che l'avevano arrestato. Noi lo abbiamo preso in consegna da loro, poi lo abbiamo affidato alla scorta". "Restano zone d'ombra", per l'avvocato Perugini, "dalle cause della morte di Cucchi al suo ricovero, al credito dato a un presunto supertestimone". Anche i tre medici del reparto carcerario del Pertini, indagati per omicidio colposo, respingono le accuse adombrando l'ipotesi che le fratture non fossero recenti e sostenendo che "una scarsa alimentazione per pochi giorni non causa la morte".

Intanto il capo del dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, ha disposto un'inchiesta amministrativa: "I risultati guideranno i provvedimenti interni. Opereremo nel rispetto della legge e per la tutela del personale impegnato, nella stragrande maggioranza, per la gestione dei carceri con carenze gravi ed emergenze incessanti per l'afflusso crescente di detenuti".
 
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kissene
view post Posted on 15/11/2009, 13:06




Comunque il 23 Novembre verrà riesumata la salma....
 
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kissene
view post Posted on 16/11/2009, 18:29




ROMA - Continuano i colpi di scena nell'inchiesta per la morte di Stefano Cucchi, il trentunenne deceduto il 22 ottobre scorso all'ospedale Sandro Pertini di Roma dopo essere stato arrestato per droga il 15 ottobre. Sui jeans che Cucchi indossava il giorno del ricovero in ospedale c'è una macchia: il sospetto è che possa trattarsi di sangue. E mentre si attende la riesumazione della salma, fissata per il 23 novembre prossimo, è arrivata la notizia del ritrovamento di una consistente quantità di droga in un appartamento in cui il giovane romano era solito passare le notti. A scoprirla per caso durante le pulizie sono stati proprio i familiari, che hanno comunicato il nuovo elemento alla procura di Roma.

La macchia sui jeans. E' stata individuata una macchia, probabilmente di sangue, sui pantaloni jeans che Stefano Cucchi indossava al momento del ricovero nell'ospedale Sandro Pertini. Su disposizione dei pubblici ministeri, il paio di jeans sarà sottoposto ad accertamenti tecnici per stabilire la presenza o meno di tracce di sangue rappreso. I pantaloni erano stati restituiti ai familiari alcuni giorni fa.

L'indagine sui jeans è stata affidata alla dottoressa Carla Vecchiotti dell'Istituto di Medicina legale dell'Università La Sapienza. A lei spetta il compito di stabilire, nel giro di sessanta giorni, "se sui jeans sottoposti a sequestro siano rinvenibili tracce di sangue umano" e, in caso affermativo, "di accertare le caratteristiche genetiche comparandole con quelle ricavabili dal sangue prelevato in sede autoptica dal corpo di Stefano Cucchi".

La droga. 925 grammi di hashish e 133 grammi di cocaina. Sono queste le sostanze stupefacenti che il 6 novembre scorso sono state ritrovate dai familiari di Cucchi in un appartamento di loro proprietà a Morena (in provincia di Roma), saltuariamente occupato da Stefano. A rivelare la presenza della droga al magistrato, tramite gli avvocati Fabio Anselmo e Dario Piccioni, sono stati gli stessi congiunti di Cucchi. La sostanza, ora sequestrata dagli agenti della Squadra Mobile di Roma, era stata trovata in un armadio durante delle normali operazioni di pulizia della casa. Su questo fatto è stato ascoltato come testimone Giovanni Cucchi, il padre di Stefano. Secondo i legali della famiglia, il comportamento dei genitori è indice della loro disponibilità a prestare la massima collaborazione agli investigatori per arrivare ad accertare le cause della tragica fine di Stefano.

La riesumazione. Il 23 novembre verrà riesumata la salma di Cucchi e saranno ripetuti alcuni esami medico-legali sul corpo del giovane. Con la riesumazione della salma, i pubblici ministeri sperano di fare chiarezza "sull'epoca, le cause ed i mezzi che hanno determinato la morte". Delle indagini medico-legali sul corpo si occuperanno i professori Paolo Arbarello, Ozrem Carella Prada, Luigi Cipolloni, Dino Mario Tancredi e Vincenzo Pascali. Attraverso l'esame della documentazione sanitaria, i consulenti dei pm dovranno inoltre stabilire se l'assistenza prestata a Cucchi in ospedale sia stata adeguata e tempestiva in rapporto al suo stato di salute e alle sue condizioni generali.
(16 novembre 2009)www.repubblica.it
 
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kissene
view post Posted on 18/11/2009, 17:16




OMA - Sessantasette foto scattate al cadavere di Stefano Cucchi dal medico legale che ne effettuò l'autopsia il 23 ottobre, e di cui Repubblica è in possesso, documentano lo scempio di un corpo. "Su quel cadavere - dice l'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia - si riconoscono almeno cinque lesioni tipiche delle bruciature di sigaretta". Il riferimento del legale è alla foto numero 0280 in cui si distinguono "lesioni profonde sul braccio destro". Una quarta lesione è sul pollice della mano sinistra. Una quinta è all'attaccatura frontale dei capelli. "Non sono un medico legale, ma anche queste abrasioni alla testa e alla mano - prosegue l'avvocato Anselmo - sono, per la mia esperienza, bruciature. Ma guardando queste foto è evidente che le lesioni subite da Stefano non si limitarono alla frattura di due vertebre e alle ecchimosi al volto".

In effetti, le foto documentano escoriazioni al ginocchio destro, alla tibia sinistra e diffuse ecchimosi su tutto il lato destro del corpo. All'altezza del costato, sotto il braccio, e in corrispondenza del gluteo. Oltre ad un profondo ematoma interno sotto il labbro superiore. "C'è poi - osserva Anselmo - anche una linea di ecchimosi all'altezza della tempia destra. Il che potrebbe far pensare che Stefano abbia subito anche un trauma cranico. Non a caso abbiamo chiesto con i nostri periti che sulla salma riesumata venga fatta una Tac".

La riesumazione della salma sarà preceduta sabato dall'incidente probatorio del testimone S. Y., il detenuto del Gambia testimone del pestaggio subito da Stefano, la mattina del 16 ottobre, per mano di tre agenti della polizia penitenziaria nei sotterranei del tribunale. Il verbale del suo interrogatorio è stato depositato ieri e messo a disposizione delle parti. Per quanto ne riferiscono fonti qualificate dell'inchiesta, il testimone avrebbe messo a verbale i ricordi riferiti da Repubblica nei giorni scorsi. "Non vedi? Guarda come mi hanno menato questi stronzi". Sarebbe questa la frase esatta raccolta dal detenuto africano quando, dopo il pestaggio, e prima del trasferimento a Regina Coeli, si ritrovò insieme con Stefano nella stessa cella del tribunale. Il verbale - per quanto è stato possibile ricostruire - documenta una testimonianza "faticosa", sia per le difficoltà linguistiche, sia per gli evidenti timori del testimone e non è dunque difficile prevedere che l'incidente probatorio sarà terreno di scontro con le difese degli indagati.

Intanto i tre agenti di polizia penitenziaria, Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Dominici, accusati del pestaggio, sono stati messi in congedo per qualche giorno dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e trasferiti a nuovi incarichi: il nucleo aeroportuale di Fiumicino, il carcere minorile di Casal del Marmo, il nucleo traduzioni di Rebibbia.

www.repubblica.it
 
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kissene
view post Posted on 18/11/2009, 19:05




ROMA - "Stefano mi ha detto di aver ingerito la droga prima di essere arrestato; sono stati i carabinieri a pestarlo, anzi, no, le guardie carcerarie, il colore delle divise era scuro, blu scuro, blu scuro, no, era chiaro, blu chiaro. Ad aggredirlo sono stati quelli che lo hanno accompagnato in tribunale". Rivelazioni e contraddizioni, in buona parte dovute alla lingua e allo "zelo" dell'interprete che traduce liberamente: è confusa in più parti la deposizione dell'immigrato del Ghana che ha udito le urla e visto pestare Stefano Cucchi nel sotterraneo del tribunale il 16 ottobre scorso, sei giorni prima che il trentunenne arrestato per droga, si spegnesse nel padiglione carcerario dell'ospedale Sandro Pertini, denutrito, disidratato, con due vertebre rotte e altri traumi (qualcuno dei quali ancora da accertare). Sabato il testimone africano sarà ascoltato in sede di incidente probatorio per dare valore di prova alla sua deposizione, e verrà fatto un sopralluogo nel sotterraneo dove si è consumata l'aggressione.

Intanto, dopo gli avvisi di garanzia (con l'ipotesi di reato di omicidio colposo) è scattato lo spostamento in un altro reparto per i tre medici del padiglione carcerario dell'ospedale Sandro Pertini dove il trentunenne è morto. E proprio in quelle corsie, separate dal mondo da un doppio ordine di cancelli, nel pomeriggio una delegazione della commissione parlamentare di inchiesta sulla Sanità ha trovato un altro paziente detenuto che, come Cucchi rifiuta il cibo perché vuole incontrare il suo legale. Un diritto che al giovane deceduto era stato negato."Siamo preoccupati", ha detto il presidente della commissione Ignazio Marino, "un altro detenuto ricoverato nel reparto penitenziario dell'ospedale Pertini è in gravi difficoltà. Sta facendo lo sciopero della fame perché non riesce ad avere contatti con il suo avvocato. Abbiamo chiesto il sequestro della cartella clinica; decideremo se allargare la nostra inchiesta". "Questa" per la senatrice Albertina Soliani "può essere l'occasione per determinare una svolta nell'assistenza ai pazienti-detenuti, persone che hanno perso la libertà, ma non il diritto a essere curati"

Verbale di interrogatorio del 5 novembre 2009 nel carcere di Regina Coeli. Davanti ai pm Francesca Loi e Vincenzo Barba depone il supertestimone del pestaggio a Stefano Cucchi nel sotterraneo del tribunale

Pm (Vincenzo Barba e Francesca Loi ): Lei deve dire la verità su quello che ha visto.
"Ero legato con lui con le manette nella stessa macchina, si chiamava Stefano, non ricordo quando ero in cella con lui, non ricordo il giorno, forse era il 18.... E sono rimasto dopo la convalida, quando è stato portato dai carabinieri. Dopo il tribunale ero in auto con lui, in auto c'era "one boy", era magro in faccia aveva un cappuccio in testa".

Pm: Aveva dei segni?
"Era carino, non ricordo se in faccia avesse qualche segno. Cucchi non parlava inglese, mi ha detto che era stato arrestato per droga, solo per droga. Mi aveva chiesto se avevo problemi di droga anch'io, se avevo ingerito della droga. No, io no. Non ce l'ho, ho risposto. Lui mi ha detto che ce l'aveva dentro".

Pm: Dentro di sé?
"Sì. Io non ce l'ho, non l'ho ingoiata".

Pm: Che problema aveva Stefano?
"Stefano, dice in inglese "he has pains on this footh beat him", ho male e dolori sul piede, ho sbattuto il piede. L'hanno aggredito, gli hanno dato i calci i carabinieri. Io gli ho detto: calma calma, stai calmo. Stefano ha detto che aveva fame e aveva dolori al ginocchio, prima su un lato".

Pm: Dove? Sulla gamba?
"A partire dalla schiena. Non so se sul lato destro o sinistro, dal bacino e poi sulla coscia. Ricordo che Stefano avvertiva dolore fino alla punta del piede e mi ha mostrato i segni delle ferite sul piede e sul viso.."

Quando?
"Quando l'hanno accompagnato le guardie".

Ma chi, i carabinieri o..?
"Gli accompagnatori (quindi sarà penitenziaria, traduzione dell'interprete). L'ha detto lui e l'ho sentito mentre lo menavano".

Non l'ha visto?
"Gli ho detto, calmati con loro, gli ho detto, perché ho visto che gli davano gli spintoni. Se no ti fanno male ancora, ancora male sul corpo".

Quando è avvenuta questa conversazione?
"Nella cella, prima di andare via dal Tribunale"

Pm: È stato picchiato da altre persone, non dalle guardie penitenziarie?
"Mi diceva che soffriva per dolori, Cucchi mi ha detto: all'inizio mi hanno aggredito i carabinieri".

Pm: Solo carabinieri o altri?
"Carabinieri lui non dire. Lui dire me: sono stati stronzi".

Chi?
"Guardia stronza".

Pm: Chi le guardie penitenziarie, quelli che lo portano in tribunale?
"Erano in tre ma non carabinieri".

Pm: Di quale colore era la loro divisa?
"Se lo vedo lo riconosco. Tra quelle persone che posso riconoscere c'era anche una persona gentile".

Pm: Quale?
"Tra quelli che lo hanno menato, non c'era quello gentile che mi ha offerto il caffè, li ho sentiti quando ho sentito le spinte e sono andato alla finestrella e dalla serratura della cella ho visto che lo stavano menando. È caduto a terra e non si è potuto rialzare, poi l'hanno preso e messo in cella".

Pm: Ma quello gentile è quello che gli ha menato?
"No è troppo gentile".

Pm: Quanti erano a menarlo?
"Three people".

Pm: Quello gentile c'era?
"Non potevo vederli e riconoscere".

Pm: Anche quello gentile c'era?
"Non posso dirlo, non l'ho visto non potevo riconoscere".

Pm: Stefano ha detto di essere stato aggredito dai carabinieri?
"No, non carabinieri. Mentre arrivava alla cella non poteva stare in piedi. Mi diceva sempre: mi sento male".

Pm: Gli ha spiegato l'aggressione di queste guardie?
"'Mi hanno menato questi stronzi', mi ha risposto. Gli ho detto allora di stare tranquillo. Ho visto che gli davano calci solo io perché gli altri detenuti erano stati liberati nel frattempo o chiamati per il processo".

Pm: Quando è successo?
"Questa situazione è successa prima di andare dal giudice. Non ricordo l'ora, non c'era la luce in cella. Ricordo che perdeva sangue dalla gamba, aveva una ferita sotto il ginocchio".

Pm: Qual era il colore della divisa? Era azzurra?
"Blu scuro... Blu scuro.... Chiara. avevano la divisa, avevano la divisa blu chiaro, blu chiaro....".

Pm: Erano carabinieri in divisa?
"No, c'erano solo quelli che l'hanno arrestato".

Pm: Dove è successo e come ha fatto a vedere?
"Lo stavano portando dalla cella, era andato a fare pipì e al ritorno dal bagno, fuori dalla cella, nel passaggio, l'hanno menato. Ho sentito la sua voce, ho sentito che urlava. Lì non ci sono scale. L'aggressione è avvenuta 15-20 minuti prima di salire dal giudice per l'udienza di convalida".
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kissene
view post Posted on 21/11/2009, 20:16




ROMA - Ha visto trascinare Stefano Cucchi nella cella. Ha visto la parte finale del pestaggio subìto dal giovane nel corridoio delle camere di sicurezza del tribunale di Roma. "E' durato non oltre un minuto, potrei riconoscere una guardia", ha ribadito al giudice il detenuto gambiano, supertestimone delle presunte violenze al giovane deceduto, durante l'incidente probatorio.

Y.S., cittadino del Gambia di 31 anni, ha ribadito al gip Luigi Fiasconaro le dichiarazioni fatte ai pm. E' lui il primo testimone trovato dalla procura, che indaga sulla morte di Cucchi. Nel fascicolo sono indagati tre agenti della penitenziaria e tre medici dell'ospedale Sandro Pertini.

La versione ribadita dall'immigrato ha solo "parzialmente confermato" il quadro che era stato ricostruito nell'interrogatorio reso ai pm. Il supertestimone ha spiegato di aver sentito il rumore di una persona che cade e di calci dati sulle porte di ferro, poi del vociare, di soggetti che parlano con tono basso. Poi ancora rumore di calci e di pianto in modo quasi sovrapposto. A quel punto, dopo "non oltre un minuto", vede Cucchi trascinato in cella. Lo rivedrà poi, dopo l'udienza di convalida dell'arresto, rannicchiato, vicino alla panca che è all'interno della camera di sicurezza, che si teneva una gamba per il dolore.

"Non erano carabinieri - ha spiegato il detenuto gambiano -, avevano la divisa blu". Il difensore di uno degli agenti, l'avvocato Corrado Oliviero, passa al contrattacco: "L'atto compiuto oggi dalla procura si è rivelato un buco nell'acqua. L'attendibilità del teste è tutta da stabilire". Replica il pm Barba: "In buona sostanza il teste ha confermato la prima versione". Il gip Fiasconaro ha fatto registrare l'intera udienza. Si è utilizzato un interprete diverso rispetto a quello di cui avevano usufruito i pubblici ministeri.
(21 novembre 2009) www.repubblica.it
 
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26 replies since 28/10/2009, 10:36   245 views
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